NUMERO 8
DICEMBRE  98
 

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 SERGIO ROTINO
A day in the life


Diario personale
20 giugno 1998

 

Ieri sera ho portato la mia piccola Rover su per i colli, in direzione Casaglia. Con me c'erano Mario e Sonia e Giovanni, il suo ragazzo. Io guidavo e loro mi indicavano la strada. Siamo arrivati in una casa colonica riattata a osteria, dove servono crescentine e tigelle, che non credo saprei ritrovare da solo. Seduti a un tavolino a guardare le stelle e le luci intermittenti dei charter (per non parlare delle luci della città che si stendeva sotto di noi) ci siamo fatti servire i loro pezzi forti. In realtà, io ho mangiato solo un panino al formaggio e un dolce, loro tre invece hanno dato dentro (ma con giudizio) al repertorio di prosciutto crudo e cotto, insaccati, sottolii e formaggi tenerelli. Poi ce ne siamo stati li' a chiacchierare del nulla, degli albanesi, dei magrebini che cercano qui da noi l'America che loro non hanno, degli iraniani (o erano gli iracheni?) coi loro integralismi, dei nostri lavori, di come non riusciamo a cambiare la nostra vita, a darle quel "simple twist of fate", come diceva qualcuno che ora non ricordo, per trasformarci in esseri umani almeno soddisfatti, se proprio felici non fosse possibile.
Chiacchieravo con gli altri, portavo altre parole alle loro parole. Però sembrava quasi che non combaciassero con i miei pensieri, le parole.
Pensavo che non me ne frega niente di arabi o albanesi, che se vogliono possono venirci a colonizzare pure gli abitanti delle isole Comore. Cosa cambierebbe? Nulla. E allora, veramente, chissenefrega. Ma non lo potevo dire, per quella sottile ipocrisia che ognuno di noi offre nelle occasioni pubbliche.
Al ritorno sentivo la stanchezza calarmi sugli occhi e, non conoscendo la strada, ho guidato un pò "a caso", per non dire "troppo al centro della strada". Ma cosa volevate da me alle due di venerdi' sera, dopo quasi dieci ore di fabbrica, miei tre amici cari? Mario e Giovanni avevano una paura fottuta, erano tutti urli di apprensione e consigni del tipo "stai piu' sulla destra", "attento al tornante", "é una strada a doppio senso di marcia". Come non le sapessi, 'ste cose! Come non le vedessi, mentre i fari delle auto mi venivano incontro.
Sonia a un certo punto si é messa a declamare versi da Montale e da Penna, dicendo che se amiamo la poesia bisogna ricordarne almeno una piccola parte, almeno qualche verso. Per quanta poesia abbia macinato in tutti questi anni, non ricordo nemmeno un verso. Debbo sforzarmi fino al mal di testa, se voglio recuperare un pezzo di poesia, una sua versione riveduta, inesatta. Ho risposto a Sonia citando la prima strofa di una vecchia canzone di Lolli (e tutti hanno riso) (e perché imbecilli? "Analfabetizzazione" mica è inferiore a tante cose scritte dai poetastri che girano per l'Italia, scannandosi fra loro per un effimero sogno di gloria!), ma ho omesso di dirle chi era l'autore (perché mi vergognavo), e con una scemenza di M. L. Straniero, che penso di aver letto su un preistorico "Ombre Rosse", rivista "di sinistra" pescata chissà su quale bancarella del libro usato.

Questa mattina son andato a fare spesa come ogni sabato. Nei bagni dell'Ipercoop, un magrebino si stava facendo la barba. Si insaponava la faccia con buona tranquillità, mentre la gente entrava e usciva dai gabinetti senza degnarlo di uno sguardo. Il mio, di sguardo, gli ha dato fastidio. Mi ha borbottato qualcosa con tono seccato. E' giusto: bisogna rispettare la privacy degli altri, cosa che non riesco a fare. Mi piace guardare (con insistenza, anche) le cose, i corpi, le azioni che mi colpiscono. Non c'è intenzione in questa piccola mania, non c'è desiderio, ma curiosità, e tanta anche.

E siamo al pomeriggio. Ho rotto gli occhiali aggiuntivi, quelli da sole. Ho speso la bellezza di ottantacinquemilalire per comprarne un altro paio. E tutto perché questa é una città in cui persino la merda viene venduta al prezzo dell'oro, e io non capisco perché abbia voluto viverci, perché abbia abboccato ai suoi specchietti per le allodole. Non facevo meglio a tornarmene al mio bel paesello con vista sul mare? Ma lasciamo perdere 'sti discorsi che non portano da nessuna parte.
Quando sono andato dall'ottico per gli aggiuntivi, prima di me c'era un signore sui sessant'anni, che si lamentava per la montatura leggerissima, ma instabile e ballerina, che gli avevano consigliato. Era un signore vestito in modo normalissimo, uno cui non avresti fatto caso incontrandolo per strada, uno di quelli con orologi in cassa acciaio resistenti fino a tre atmosfere, niente di chissà cosa. Bene, si lamentava di questa montatura facendo vedere come fosse instabile sul suo naso quando, a un certo punto, ha detto alla commessa qualcosa del tipo "Ho speso un milione e mezzo per questa montatura. Non posso venire qui da lei tutti i santi giorni per farmela aggiustare". Capito? Un milione e mezzo. Mi sono sentito un poveraccio ad aver detto che ottantacinquemilalire per degli aggiuntivi, fossero pure di Armani con protezione ai raggi UV, era un prezzo esoso!
Gli aggiuntivi mi si erano rotti dopo aver incontrato Marco in stazione.
Riassumendo: l'ho pescato quasi subito tra la folla che transitava per la hall, siamo usciti, mi si sono rotti gli aggiuntivi, poi ci siamo diretti verso il Livello 57, dove si radunavano tutti i partecipanti/raver per la seconda "Rave street parade".
Marco doveva scrivere sull'avvenimento un articolo, per non so più quale settimanale, oltre che partecipare attivamente anche lui alla parata, essendo un grande estimatore di techno nonché assiduo danzerino.
Il Livello é veramente un postaccio se messo a confronto con il Link, ma questo è ancora un altro discorso.
Sotto il sole del pomeriggio, sudato come non mai, guardavo questo spiazzo fra due file di capannoni tanto simile a un budello riempirsi di camion e di gente bizzarra. A tratti mi sembrava di essere nei dietro le quinte di uno qualsiasi dei "Mad Max". C'era una punk (tedesca, credo) con la pancia di cinque e passa mesi messa fuori dal gonnellino leopardato, a mò di panza da ubriaco.
La techno che sparava il suo camion mi ha preso bene.
Mi é sembrata la piu' coraggiosa, li' in mezzo. Non so perché, non riesco a capirlo, i miei occhi l'hanno vista orgogliosa e forte e nessun altro in quel momento le poteva tenere testa.
E i cani che si azzannavano fra loro? E il tipo che ha cercato di separarli bagnandoli con la birra di una lattina? No so. Sarò di un altro tempo, la penserò da piccolo borghese reazionario molto "mainstream" e poco "hip", ma non riesco a capire certe cose che ho visto al Livello, questa trasgressività cosi' mostrata da suonare falsa. Non capisco questo vuoto nelle azioni, questa continua coazione a ripetere dei pensieri (anche dei miei). Allora mi chiedo: c'é vita su Marte? Riuscirò a comunicare? Sono ancora in tempo per farlo? Gli anni basta non sentirli? Basta rimanere sempre con le antenne belle tese? Vedersi sempre come ventenni? Oppure è vero che piu' anni hai piu' Time's up, time's over?
Comunque, dopo aver lasciato Marco, ho fatto il giro di ottici per gli aggiuntivi, poi ho incontrato Fab e, camminando, siamo arrivati a casa sua. Ha messo su "Adore" degli Smashing Pumpkins, io ho sfogliato "Mucchio Selvaggio" annata '94 per le mie ricerche storiografiche da inserire nel romanzo. Forse.
Sulle nove di sera abbondantemente passate, siamo usciti per andare a S. Agata Bolognese, a mangiare una pizza e fare un giro nella locale fiera del disco da collezione a ingresso gratuito. Lì c'era una big band completa di ottoni e tight bianchi più farfallino nero che allietava la serata e che, dopo la pizza, abbiamo ascoltato distrattamente scartabellando fra vinili rari e compact. Alla fine, come chiusura del set, hanno proposto una loro versione di "History repeating" dei Propellerheads, niente male se si esclude la cantante, praticamente afona.
Tra i cd ho trovato a diecimilalire uno dei Buffalo Sprilgfields che contiene "For what it's worth" e uno di Michael Brook, questo per i miei rari momenti new age. Per ventimilalire mi sono lanciato nella spesa.
Altro che aggiuntivi, questo è il prezzo giusto per la musica e per vivere. Ma li ho comprati volentieri anche grazie al fatto che la pizza l'ha voluta offrire Fab. Dovrò ricambiare, penso sia giusto fra amici. Lui è stato fortunato: ha pescato il primo dei Nova Mob a cinquemilalire! Nuovo! Piu' un altro tot di robetta a prezzi ottimi.
Verso mezzanotte ci siamo indirizzati sulla strada di casa, chiacchierando del numero della rivista che finalmente sta prendendo forma. Qui ho avuto e ho pensieri contrastanti. Vorrei dire a Fab che non bisogna più stravolgere il timone, anche se arrivano altri testi migliori di quelli programmati. Ma passi. Tanto è lui l'uomo trainante, io non ci sono né ci sarò mai come "figura forte" all'interno della redazione. Insomma, la linea dei poeti mi pare si stia accentuando troppo, e la cosa mi lascia perplesso. Continuano a sparare giudizi nei confronti della narrativa sulla base di pure riflessioni teoriche. Continuano a dire che è tutta una schifezza, a dire che è costruita per il mercato. Ma anche la poesia quando viene pubblicata in libro è sul mercato, no? Ha un prezzo stampigliato sopra anche lei, no? Bof! La mia povera rivista.
Arrivato a casa, dopo la mezza, mentre programmavo sul videoregistratore "Corpo a cuore" di Vecchiali (un melò francese che mi ha sempre strizzato lo stomaco per come sono delineati i personaggi principali - un meccanico e una farmacista - e per le battute che si scambiano), pensavo che, con Fab, quando siamo in libera uscita, si parla bene e sembra ci si trovi d'accordo sulle linee generali; poi, quando si lavora in redazione, le cose sembrano ruotare di trecentosessanta gradi. E pensando mi sono finito per sedere sul divano a vedermi il film fino alla fine.

Un'altra immagine catturata nel primo pomeriggio.
Tornavo trafelato a casa, su un autobus, per fare prima e sbrigare certe altre cose. Vicino al guidatore si è fermato un ragazzo in canotta grigia.
Teneva in mano una maglietta a maniche lunghe. Era tutto in disordine.
Con molta calma si è asciugato il sudore del viso e delle ascelle con la maglietta, poi l'ha stesa sulla barra che divide il posto di guida dal resto dell'autobus. Non contento si è sbottonato i jeans e si è messo a posto la canotta. Dopodiché ha ripreso la maglietta e con un gesto preciso delle braccia l'ha arrotolata e se l'è allacciata in vita.

Il caldo di oggi è stato mostruoso.

 
Dicembre 2006

 

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