NUMERO 5
MARZO 1998

 

 

Scrivi all'autore
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MASSIMILIANO ZAMBETTA

Zambetta fa parte della generazione di Marco Mancassola e Simone Battig, nel senso che come loro arriva dal gruppo di autori che ha esordito in "Coda", l'Under 25 curato da Giulio Mozzi e Silvia Ballestra. Proviene da Bari e (curiosamente, per un giovane scrittore) studia Ingegneria, invece che le solite Lettere. Avendo sentito parlare di 'tina, mi ha mandato alcuni racconti brevi, fra i quali ho scelto questo "Occasioni", che mi ha colpito per il fatto che fosse scritto alla prima persona femminile, una scelta piuttosto inusuale per un autore, e poi per il bel finale. (Lo so, mi ripeto spesso sulla storia dei finali. Evidentemente concludere bene un racconto rappresenta un canale privilegiato per la pubblicazione su 'tina).

Occasioni

Dario spegne la fiamma della candela profumata alla lavanda con i polpastrelli, passandoseli prima sulla lingua, qualche volta senza nemmeno bagnarli, dando importanza al gesto. Mi dà l’impressione che non facendo in questo modo si scotterebbe, dandomene la colpa. Dario quando sbaglia mi dà la colpa dei suoi errori.
Quando Alberto era Dario, non pensava mai di farmi un rimprovero, per nessuna ragione al mondo, ho sempre cercato di interrompere i suoi silenzi troppo lunghi invece, era come se lui evitasse di parlare di proposito per sbagliare meno possibile.
Quando Alberto era Dario spegneva la candela soffiando sulla fiamma, prendendo in mano la bugia, rischiando di colare la cera sul pavimento. Facevo finta di non vedere, e invece ridevo e lui se ne accorgeva, e devo ancora capire perché proseguiva la serata preso da quei sensi di colpa, non mi sentivo libera di comportarmi istintivamente, di questo continuo a fargliene una colpa.

Oggi mi hanno trattenuta in ufficio per sistemare una pratica in scadenza, il computer si è bloccato e non ho salvato il mio file aggiornato, qualcuno ha parlato di virus, l’ho ascoltato distrattamente, mi sono lasciata alle spalle due colleghi che in tutti i modi hanno cercato di rimediare per simpatia, non li ringrazierò comunque e non l’avrei fatto anche se non portassero le loro fedine al dito, non ho visto nessun cliente al supermercato e non sono entrata per non disturbare le cassiere. Lo yogurt nel frigorifero scade oggi, non ho fame, mangio per abitudine.
Ho appena finito di spiegare a Dario, al telefono, che sono al secondo giorno di mestruazioni, mi ha creduto subito e non ha fatto pesare oltre che non l’avessi più richiamato dopo che ho sentito i suoi due messaggi in segreteria. Ora non avrei voluto più dirgli questa bugia e pensandoci mi sarebbe piaciuto andare, non sapeva neanche lui a vedere cosa oggi pomeriggio, al cinema. Mi immagino seduta sul divano con l’accappatoio addosso prendendo freddo alla testa con i capelli bagnati, ma il pensiero di fare qualcosa che preveda una certa preparazione, fosse solo il fatto di togliere questi vestiti e di decidere la temperatura giusta dell’acqua per il bagno o la doccia, mi blocca.
Ora ho chiuso la porta di casa, incisi sul nastro della segreteria ci sono altri messaggi che ho sentito senza ascoltarli, penso di aver capito che Alessia verrà qui domani, se mi troverà in casa le darò o mi prenderò tutto quello che vorrà prendersi o portarmi. Non importa.
Mi tolgo il cappotto, adesso posso pensare che riuscirei a dormire solo con questi vestiti addosso.

Quando Alberto era Dario passava il primo quarto d’ora con me a ricordare la mia serata precedente con Dario, senza mai approfondire, solo qualche rapido accenno, troppo teso per la paura di una gaffes imperdonabile, non da me, ma ostinato a voler comunque concludere la frase che si preparava magari in macchina, prima di incontrarmi.
Non ho mai voluto metterlo in difficoltà, neanche quando il comportamento esattamente opposto di Dario mi offendeva, per la sua sicurezza del fatto che io non potessi avere neanche un sospetto e che non fosse necessario il minimo accorgimento. Non glielo perdono.

Mi sento sola, e stranamente non sono più stanca, forse basterebbe accennare il minimo movimento. Resto ferma e ho caldo, sudo, basterebbe che mi togliessi il cappotto di dosso. Ho in mente due tre canzoni, le strofe di una si confondono con quelle dell’altra e dell’altra ancora, non è un pensiero sempre uguale, accelero e rallento di continuo il ritmo, un po’ è automatico, non riesco a fermarlo del tutto. Questo gioco mi dà la sensazione che il tempo stia passando come quando ascolto una canzone dietro l’altra allo stereo, mi faccio del bene e non controllo l’orologio.
Sarebbe il caso, forse, che parlassi chiaramente con Dario, ho sbagliato a pensare che con qualche frase di circostanza, nel momento per me giusto, lui mi raccontasse tutto.
Dovrei riuscire a dirgli che la nostra storia continuerebbe solo se fosse vero, ma è vero, quello che sospetto dal principio. E dovrebbe accettare il mio ruolo dominante in tutta la faccenda, da quando è cominciata, rinunciando al suo, che con me, almeno, non è mai esistito.

La totale mancanza di profumo sulla pelle di Alberto quando era Dario, l’odore forte del suo sudore quando, completamente in silenzio, mi bloccava le mani con tutta la gentilezza che gli era possibile e naturale quando mi penetrava con una lentezza da stordimento, non aveva senso se non il giorno dopo che Dario completamente immobile sul mio letto si lasciava baciare e leccare la sua pelle troppo amara di deodorante e dopobarba, prima che mi facesse salire su di lui, accompagnando con troppi sospiri e mezze frasi ogni mio movimento.
Le eccessive attenzioni di Alberto quando era Dario dopo che avevamo fatto l’amore, e non mi permetteva di addormentarmi, non mi causavano crisi di nervosismo solo perché il giorno dopo Dario si sarebbe addormentato senza dirmi neanche buonanotte.
Quando Alberto era Dario lo ritrovavo vicino a me quando mi risvegliavo.

Per strada c’è uno strano fracasso, sento una serie di rumori che non sono normali, è successo qualcosa che però non mi riguarda e non mi può coinvolgere. Mi sento particolarmente egoista perché non esiste nessuno a cui chiedere un consiglio o semplicemente un giudizio, anche negativo, mi aiuterebbe, veramente, ma non posso spiegare che vorrei che qui con me ci fosse Dario con l’unica condizione che domani ci sarà il suo gemello. E non posso sapere in anticipo cosa succederebbe se glielo dicessi a tutti e due per una sola volta insieme.
Solo che ha fatto male Dario a innamorarsi di me al punto di volermi solo per sé, o magari ha sbagliato Alberto a volermi bene al punto di farmi vivere una storia regolare e di lasciarmi solo a suo fratello che mi ha conosciuto per primo.
Vorrei tanto che intuiscano il mio stato d’animo, chiedo troppo.

L’altra sera che avevo telefonato a casa loro e Alberto si era limitato a dirmi che Dario sarebbe rientrato di lì a poco e che mi avrebbe fatto richiamare, avrei voluto presentarmi senza essere invitata e lasciarmi andare al primo gesto sconsiderato che mi sarebbe venuto in mente, senza riflettere, non so neanch’io cosa avrei mai potuto fare, forse niente. In quel momento avrei voluto piangere, per sfogarmi, ma non sono in grado di fare neanche quello.

Fuori adesso non si sente più niente, un’auto ogni tanto, è normale, del tempo deve essere comunque trascorso. Ora vorrei volermi più bene, non ho più sonno, magari potrei farmi un bagno, molto lungo, con i sali, la schiuma, la cremina sulla faccia e la musica a volume bassissimo dall’altra stanza di un cd molto lungo.
Sono innamorata, dovrei essere felice.

 
Dicembre 2006

 

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