NUMERO 5
Marzo 98

 

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MATTEO GALIAZZO

Devo dire che il "Curriculum vitae" di Lubrano pubblicato sul numero 4 ha suscitato tante e tali reazioni incoraggianti che ho capito due cose: a) che Lubrano è proprio bravo e b) che ogni tanto è bene spingersi in territori che non sono propriamente narrativi. Per questo ho scelto di pubblicare questa lettera di Matteo Galiazzo, che fa veramente parte della sua corrispondenza personale e che non era nata con l'intento di essere diffusa. Eppure, proprio in virtù del fatto che Galiazzo è un ottimo narratore, che i suoi racconti sono già conosciuti e apprezzati e che questa lettera è assolutamente esilarante, credo che pubblicarla sia un'ottima idea. In origine, la lettera era rivolta alla scrittrice Lia Celi, per metterla in guardia contro i rischi che avrebbe affrontato partecipando alla trasmissione TV "Il muro". E poiché molti lettori di 'tina sono anche scrittori, forse diffonderla ha anche una funzione sociale, nel caso qualcun altro fosse invitato allo stesso programma.

Corrispondenza privata

Cara Lia,

vorrei anticiparti alcuni avvenimenti che probabilmente ti succederanno nei prossimi giorni. Riceverai una strana telefonata da una tale Mirella ‘Maestrina’ Fiorito, oppure da un ragazzo con gli occhiali di cui non ricordo il nome, forse Andrea ‘Boombastic’ Caradonna, i quali asseriranno di chiamarsi così e di lavorare per una trasmissione di Odeon TV chiamata Il Muro.
Ti spiegheranno come è fatta la trasmissione facendo vasto assegnamento su termini come undergrounding, alternativing living, X generationing, metropolitan graffiting, tattooing, piercing, pulp fictioning, peyoting, muralesing, trip hopping, housing music, eccetera. Prima che il tuo cervello possa intervenire udrai la tua voce accettare l’invito della sconosciuta telefonista. Ella o egli ti spiegherà come raggiungere gli studi. È semplicissimo, ti dirà. Basta prendere il treno a Milano Centrale che va a Milano Certosa. Vi darete appuntamento per le quattro. Bene, penserai, così in mattinata posso andare a vedere Kandisky. Solo il giorno prima di partire ti accorgerai che l’appuntamento è fissato di lunedì, giorno di chiusura di tutti i musei. Partirai ugualmente, certa di potertela cavare in pochissimo tempo.

Tutto sarà invece più difficile del previsto. Arrivata alla stazione centrale, eviterai sdegnosamente la chilometrica coda per accedere all’Ufficio Informazioni, e cercherai di scoprire treni che partendo da Milano Centrale si fermino a Milano Certosa. Dopo un lungo affaticarti sui cartelli gialli dei treni in partenza, sorgerà in te il sospetto che nessun treno colleghi Milano Centrale a Milano Certosa. È proprio così, mia cara. Nessun treno collega Milano Centrale a Milano Certosa. Se vuoi te lo ripeto. Nessun cazzo di treno collega Milano Centrale a Milano Certosa. Gli unici treni che arrivano alla stazione di Milano Certosa sono quelli che partono dalla stazione di Milano Porta Garibaldi.
In un modo o nell’altro riuscirai a scoprire tutte queste cose una dopo l’altra. Indi ti dirigerai verso la metro per raggiungere la stazione di Milano Porta Garibaldi. Qui incontrerai un tuo vecchio amico dei tempi dell’Università che ti farà perdere il treno, e, salita sul treno successivo, per salutarlo ti rimarrà la faccia incastrata dentro le porte automatiche, il che ti farà venire in mente, non so perché, che ti sei dimenticata di timbrare il biglietto.

Raggiunti più o meno gli studi, conoscerai alcune persone della redazione. Farai subito presente che devi assolutamente prendere il rapido che parte da Milano Centrale alle sei e dieci. Le risate di tutti ti faranno optare per il diretto delle sette e un quarto. Ti condurranno per corridoi e uffici, ti faranno firmare una liberatoria, ti faranno delle fotocopie del biglietto del treno, ti fregheranno la rubrica telefonica per copiare i numeri di telefono dei tuoi amici famosi, ti renderai tristemente conto che ‘sti qua non hanno idea di cosa sia Cuore, ti presenteranno l’autore del programma (la cui immagine ti evocherà pavlovianamente la parola ‘hascisc’), ti presenteranno i conduttori (le cui immagini ti evocheranno pavlovianamente il concetto ‘cocaina e altri psicoacceleratori’), ti presenteranno altra gente di cui non capirai né nome né mansione (ma che ti evocheranno pavlovianamente i termini: ‘performance’, ‘molestie sessuali’, ‘wonderbra’, ecc. Tutte queste persone sembreranno pronunciare continuamente tra sé e sé la frase ‘Cazzo, sono un artista, perché nessuno se ne accorge?’

Dopodiché per circa un’ora e mezza non farai assolutamente niente. Mentre per ammazzare il tempo gironzolerai per di qua e per di là conversando con estintori, prese elettriche e uscite di sicurezza, improvvisamente sentirai gridare a gran voce il tuo nome, e scoprirai che ti stanno aspettando da più di mezz’ora per cominciare il programma.

Il programma comincerà. Una donna con la tuta e il marsupio ti coprirà la faccia di cerone. Appoggerai lo zainetto sotto uno sgabello. Dopo pochi secondi ne constaterai la sparizione. Mediamente preoccupata non potrai effettuare le ricerche a causa delle manovre di microfoni e telecamere. Una donna con la tuta e il marsupio ti coprirà la faccia di cerone. Il conduttore maneggerà fisicamente e verbalmente una copia del tuo libro, poi ti chiederà qual è il filo conduttore dei tuoi racconti. Alla risposta che non c’è nessun filo conduttore dirà OK, allora qual è il tema dominante. Alla riposta che non c’è nessun tema dominante dirà OK, allora qual è il messaggio che volevi esprimere? Allora risponderai più o meno così: se fosse possibile esprimere un cosiddetto messaggio qui in questi dieci secondi, in dieci parole, avrei scritto queste dieci parole e non un libro con otto racconti. BRAVO! ti dirà il conduttore, mandandoti affanculo con lo sguardo, e correndo verso l’ospite successivo, un pittore specializzato nel dipingere bidoni dell’immondizia. Ti chiederai se con te abbiano finito. Per tutta risposta una donna con la tuta e il marsupio ti coprirà la faccia di cerone. Mentre stai girando lo studio in cerca dello zainetto, verrai riraggiunta dal conduttore, che ti accompagnerà nei pressi di un verde cassonetto della spazzatura e ti chiederà qual è la cosa che in generale vorresti buttare più via. Mentre tra te e te cerchi di affastellare una risposta decentemente memorabile, noti dentro il cassonetto qualcosa di familiare. È il tuo zainetto. Lo recuperi in diretta e dici Buttare via? No, guarda io sono per il riciclo. BRAVO! ti dirà il conduttore, mandandoti affanculo con lo sguardo, e correndo verso l’ospite successivo, un pittore specializzato nel dipingere bidoni dell’immondizia. Ti chiederai se con te abbiano finito. Per tutta risposta una donna con la tuta e il marsupio ti coprirà la faccia di cerone.

Saranno le sette. Potrai scordarti il diretto delle sette e un quarto. A quel punto deciderai di fuggire. Abbandonerai lo studio, raggiungerai miracolosamente l’uscita di sicurezza, ti ritroverai improvvisamente in strada. Comincerai a camminare verso la stazione Milano Certosa. Raggiuntala, un’occhiata agli orari ti farà presagire l’inutilità di averla raggiunta. Che sia già passato il locale delle diciannove e dodici? Sì, ti diranno tutti in coro. Il prossimo passa alle venti e quaranta.

Uscirai dalla stazione cercando un taxi. Non ce ne saranno. Milano Certosa sarà la prima stazione ferroviaria della tua vita (a parte Genova Pontetto) priva di taxi posteggiati davanti. Ripercorrerai preoccupata la strada verso gli studi. Ti renderai conto solo in quel momento che ti trovi nel quartiere di Quarto Oggiaro. Ricorderai allora perfettamente un’intervista a Rosario Di Bella, corrispondente della Rai da New York, a cui veniva chiesto se non aveva paura a girare per il Bronx, e lui rispondeva E’ molto più pericoloso Quarto Oggiaro. Correrai trafelata verso il portone degli studi sperando che non se ne siano già andati tutti. Appena rientrata una donna con la tuta e il marsupio ti coprirà la faccia di cerone. L’addetto alla sicurezza sarà così gentile da cercarti un taxi. Proverà inutilmente per una mezzoretta a convincere qualcuno a venire fin lì, poi finalmente annuncerà trionfante: ‘Eco 88 in cinquanta minuti’. Mentre aspetterai il taxi passeggiando sul marciapiede potrai osservare intorno a te stupri e rapine al ritmo di una ogni cinquantotto secondi. Più o meno al terzo omicidio arriverà il taxi. ‘Ce la faremo ad essere per le otto alla Stazione Centrale?’ chiedi all’autista. Troverai la sua risata una risposta decisamente poco incoraggiante.

Una volta sul treno penserai ai numeri di telefono dei tuoi amici famosi che quelli della redazione sono riusciti ad estirparti dall’agenda. Penserai ad un amico in particolare, uno della tua rubrica a cui loro si sono dimostrati più interessati, il cui libro campeggiava in pole position sulla scrivania dei redattori. Appena a casa gli scriverai una lettera tipo questa.


 
Dicembre 2006

 

è online

Intro

FRANCESCA RAMOS
Domenica

FEDERICO MIOZZI
TEMA : “Racconta la tua settimana bianca”

MICHELE ROSSINI
Dentro una batana bianc’azzurra

GIORGIO FONTANA
In tempo di pace

ALESSIO ARENA
Il Santo


NOTE BIOGRAFICHE

 

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