NUMERO 5
MARZO 1998

 

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ENRICO FRAVIGA

 

Onore al merito, questo Fraviga è una scoperta di Alberto Forni, che per un breve periodo è stato colto dalla febbre del talent-scouting e ha setacciato riviste, fanzine e siti internettici alla ricerca di giovani virgulti letterari. Fra le diverse cose che poi mi ha passato da leggere, i racconti di Enrico Fraviga sono quelli che mi sono piaciuti di più. Fraviga ha scritto un bel pezzo di noia notturna sbollita in autostrada, che ricordava certe cose del primo Tondelli, e un paio di storie generazionali, fra cui questa che pubblico. Senza eccedere in gergalismi o prodezze linguistiche, mi sembra che Fraviga sappia rendere bene un certo spleen giovanile, fatto di indecisioni e scarsi entusiasmi e condito da buone intuizioni narrative, come le bellissime righe finali di questo racconto.

 

L’Hydra a tre teste di McDonald’s

Per cena potevamo scegliere: i due McDonald’s di Cordusio, quello di Corso Vittorio Emanuele, quello in Galleria e quello in San Babila. “In Galleria cuociono meglio le patatine” ha detto Massimo tagliando definitivamente la discussione. Il film cominciava alle dieci e mezza e avevamo comperato i biglietti quasi due ore prima perché il film era appena uscito e più tardi ci sarebbe stato da fare a botte. “Il venerdì è sempre così” avevo fatto notare a Massimo. Lavoravamo da soli tre mesi e prima, al cinema, ci andavamo solo il mercoledì perché costa meno. Esclusi i mercoledì di coppe, naturalmente.
Il difetto di Massimo è che nei ristoranti è sempre indeciso. Questa volta si era piantato davanti alla cassa con lo sguardo verso i magnifici hamburger luminosi. Big Mac o Mac Bacon? Alla fine scegliamo la toy box perché in questo periodo regalano i personaggi del film Hercules. Tutti e due troviamo uno strano drago viola a tre teste, “Si chiama Hydra” dice Massimo che ha fatto il classico e di roba greca ne sa più di me.
Dopo mangiato, per ingannare il tempo, decidiamo di farci un giro alla Ricordi. Massimo è convinto di sapere tutto della musica, così andare in un negozio di dischi insieme a lui può rivelarsi una scelta pericolosa: ogni volta che prendi in mano un cd attacca a raccontarti vita morte e miracoli. Se poi scegli qualcosa di “commerciale”, parola che lui pronuncia calcando sulla a, sogghigna scoprendo i denti superiori come a dire che sei proprio un ignorante. Qualche volta è irritante, per questo, io che lo conosco, cerco di stargli alla larga. Per fortuna alla Ricordi c’è un bel reparto libri, inoltre da qui posso vederlo rovistare nel cesto dei cd “super scontati”. è un vero spasso: quando trova qualcosa che gli piace, lancia degli urletti saltellando su di un piede e stringendo il pugno della mano sinistra. Il suo genere preferito è il “Prog”, quello in cui le canzoni sono impossibili da cantare e durano fino a quaranta minuti. Per fortuna a OneOOne non le mandano mai. Altrimenti cambierei radio.
Le librerie mi piacciono, puoi trovarci anche i calendari dei pittori. I miei preferiti sono Monet, Cezanne, Van Gogh e Modigliani, anche se di Modigliani è raro trovare il calendario. Anche i calendari sulle razze dei cani sono belli, soprattutto quelli sui labrador, i cani della pubblicità della carta igienica. I regali per questo Natale, calendari, cofanetti di poesie, dischi e libri, li ho presi quasi tutti qui.
C’è anche un reparto di giochi di computer, che sono la mia vera passione. Starei delle ore a rovistare, peccato che le immagini dietro alla scatola, a volte, siano delle bidonate. Certo che visti così sembrano tutti belli.
Lunedì è il compleanno del mio datore di lavoro, che poi sarebbe anche un amico di mia madre. Forse un libro gli piacerebbe. Magari l’ultimo di Bevilacqua. O qualcosa di Eco, che è più impegnato. O il libro sulla Lega, “ironico e pungente” come ha scritto il Corriere. Forse è meglio non buttarla sulla politica, non si sa mai. Lui è uno che legge il Sole. Magari potrei regalargli qualcosa di Baricco. Sicuramente lo conosce, è sempre da Costanzo e il mio capo non se ne perde mai una puntata. Anche a me piacerebbe guardarlo ma va in onda troppo tardi. Sì, “Seta” potrebbe andare bene, è così corto che se non gli piace almeno dura poco. O Calvino, ha scritto così tanti libri che deve essere bravo per forza. O forse è meglio restare sui classici. Ecco, ecco. Siddartha. Siddartha è perfetto. Non l’ha letto di sicuro.
Alle dieci e un quarto usciamo dalla Ricordi con un Siddartha e un introvabile cd prezzocarino del Banco del Mutuo Soccorso. Purtroppo davanti al cinema si è già formata un’orrenda coda a imbuto. La gente urla, mostra il biglietto e avanza a gomitate. Il tizio davanti a me ha un Barbour nuovo di zecca, un modello che non ho mai visto. Ha le tasche più alte del mio e di quello di Massimo. Mi guardo un po’ in giro. è vero, così non ce l’ha nessuno. Quasi quasi gli chiedo dove l’ha preso. Sicuramente in Inghilterra.
Troviamo dei bei posti in quarta fila, anche se io sono un po’ impallato da una colonna e devo sporgermi di lato. Ma “per un film del genere è già una fortuna essere entrati” dice Massimo. Nell’intervallo comperiamo coca cola e popcorn ed è incredibile come Massimo sia rimasto indietro con i prezzi. Secondo me è ancora convinto che da qualche parte si possa prendere una margherita e una birra media con diecimila lire. Durante il secondo tempo, in qualche fila dietro a noi, suona un cellulare. Qualcuno protesta. Io e Massimo ci lanciamo un rapido sguardo poi ci mettiamo a rovistare nelle giacche. Per fortuna il mio era spento. “Merda” dice lui “era acceso, per fortuna non ha chiamato nessuno”.
Dopo il cinema decidiamo di andarci a bere una birra. Prendiamo la macchina perché in centro di pub non ce ne sono. Da quando siamo stati in Irlanda, la scorsa estate, siamo diventati dei veri appassionati e giriamo tutti quelli che aprono. Una volta ho proposto a Massimo di scrivere un libro: “Autentici pub irlandesi a Milano”. O qualcosa del genere. Non era un’idea stupida, basti il fatto che non si riesce mai a trovare una Guinnes come quella di Dublino. Ognuno ce l’ha un po’ diversa e Massimo dice che dipende dalla pressione dell’aria nella spina. Comunque, anche dove la Guinness fa schifo c’è sempre la Harp o la Kilkenny che sono sempre buonissime. Il problema dei pub irlandesi è che sono affollatissimi, specialmente il venerdì sera, e bisogna sempre stare in piedi o al limite appoggiati al bancone. Ogni tanto si conosce gente. Il mese scorso ho conosciuto una ragazza, veniva apposta da Lodi per bersi una birra al “Matricola”, e poi Massimo dice che il libro sui pub non avrebbe questo gran successo, si chiamava Alice. Qualche sera, io e lei, siamo anche usciti da soli. Un giorno ho provato a baciarla, ma ha detto che aveva il ragazzo in America e proprio non poteva.

 
Dicembre 2006

 

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