Walter Comoglio, SETTE GIORNI VIVIDI E ININTERROTTI

Anche se sono il tipo a cui piace abbondare coi superlativi, rare volte mi è capitato di leggere il racconto di un esordiente assoluto e trovarlo “indimenticabile”. È accaduto nel caso di Walter Comoglio, con un testo che aveva pubblicato in un’antologia di una piccola casa editrice. Si intitolava “Tedeschi che suonano altri tedeschi” e narrava di alcuni musicisti tedeschi che utilizzavano letteralmente dei loro connazionali come strumenti musicali. Talmente surreale da essere rimasto indelebile nella mia memoria. Da allora seguo i progressi di Walter e quando gli ho chiesto dei materiali per il nuovo numero di ‘tina mi ha inviato una serie di proposte, fra le quali questa in forma di diario: l’inizio di un nuovo anno, svogliato e confuso, di un gruppo di personaggi incapaci di fare i conti precisi con le proprie esistenze. Comoglio ha l’abilità di creare delle storie molto credibili sulla base di pochi elementi. Non so come altro dirlo: mi sembra di cadere dentro in quello che scrivere e crederci da subito.

Walter Comoglio, SETTE GIORNI VIVIDI E ININTERROTTI

1 gennaio

 

Il primo gennaio è sempre una giornata particolare. E’ come se tutti avessero un Jet Lag da godersi lentamente. Io invece sono uscito di casa alle 8 e mezza del mattino, non so il perché. Forse voglio solo fare cose che non ho mai fatto. Allora ho cercato un bar aperto. L’unico che ho trovato è il Tropical Paradise, un bar di cinesi. Sono entrato e c’erano due bambini cinesi che mi guardavano con gli occhi sgranati, io gli ho sorriso, loro hanno continuato a guardarmi. Ho aspettato che succedesse qualcosa per qualche interminabile secondo, poi il bambino più grande, avrà avuto sette otto anni mi ha detto “caffè”. Io gli ho fatto si con la testa. La macchinetta era troppo alta per lui, riusciva a malapena ad arrivare dove si carica la moka. Poi ha detto qualcosa a quello che penso fosse il fratellino, se lo è caricato sulle spalle e hanno iniziato a trafficare attorno alla macchinetta.  A un certo punto il bambino più piccolo ha sbilanciato l’altro all’indietro e sono caduti. Mi sono preoccupato per un attimo che si fossero fatti male, ma come se nulla fosse quello piccolo è risalito sulle spalle del grande. Dopo qualche minuto i bambini mi hanno dato il caffè. Faceva schifo, era pieno di grumi, non so come fosse possibile. In compenso loro sembravano soddisfatti. Quello più piccolo ha addirittura dato una pacca sulla spalla all’altro. Io gli ho lasciato un euro e non ho voluto il resto. Erano appena le nove e mezza e non sapevo cosa fare. Sono uscito dal Tropical Paradise e ho aspettato che succedesse qualcosa, ma a volte non succede veramente un cazzo. Avrei voluto almeno avere un po’ di mal di testa, ma niente da fare. Allora mi sono ripromesso di contare le sigarette che fumavo. Non volevo superare le cinque in una giornata come quella. Sono tornato a casa. G mi ha detto che sono un coglione perché l’ho svegliata. John Connor stava russando beatamente, lo si sentiva dal salotto. Mi sono piazzato sul divano a far finta di smaltire il Jet Lag che non avevo per un paio d’ore. A mezzogiorno avevo già fumato tre sigarette. Poi mi sono messo a dormire per non fumare più. Ho sognato di vincere la medaglia di bronzo alle olimpiadi nei 200 dorso. Ero emozionato e non avrei voluto svegliarmi. John Connor si è svegliato alle 5 del pomeriggio. Non riusciva a parlare, aveva i capelli arruffati dal gel. “Que mierda”, ha biascicato appena mi ha visto e si è tuffato sotto la doccia. Dopo si è rimesso il gel ed è tornato a dormire. G nel frattempo stava guardando fuori dalla finestra. “Dove sono tutti?” mi ha chiesto. “ Non so” ho risposto. Ho preparato un piatto di pasta in bianco. La sera mi sono visto quel documentario di Herzog dove ci sono aerei che decollano e atterrano sotto il sole dell’Africa Subsahariana. L’ho trovato veramente commovente. Fuori si era fatto buio. Io e G abbiamo scopato, in realtà scopavo io mentre lei era inerte e pensava ad altro. “S”, mi ha detto, “non voglio che tu mi dia per scontata”. Ci siamo addormentati abbracciati.

Totale sigarette fumate: 6.

 

 

 

 

2 gennaio

 

Io e G siamo andati all’IKEA. Fuori batteva una pioggerella triste. Ho parcheggiato strisciando contro una protezione. Non mi sono incazzato comunque, non ne ho sentito il bisogno. Dentro l’IKEA tutto sembra funzionare alla grande, si da per scontato che l’uomo sia definitivamente liberato. G voleva comprare una lampada, allora ho fatto mente locale ed ho immaginato come potessi fare per comprare una lampada. Ero confuso, mi sentivo a uno stadio un po’ inferiore, allora l’ho buttata sull’ironia. Ho iniziato a parlare con un finto accento milanese, a fare l’uomo di mondo, a cui non sfuggiva niente. “La smetti,” mi ha chiesto G. Io l’ho smessa. Siamo usciti dopo quattro ore con una lampadina a risparmio energetico, un copridivano con un alce disegnata, una specie di struttura pieghevole che doveva essere una lampada e delle frittelle di patate che non promettevano troppo bene. Ho speso 45 euro e 50 in totale. In compenso finora ho fumato solo tre sigarette. Ho visto un vecchio cadere nel parcheggio, si è inciampato da solo ed è caduto di faccia. Poi si è rialzato e felice ha rassicurato tutti ”Non mi sono fatto nulla”. In realtà sembrava un po’ rincoglionito, tant’è che poco dopo è caduto di nuovo. G mi ha detto che secondo lei era una specie di flash mob, quello del vecchio, o una cosa del genere però in solitaria di cui non si capiva il nesso finale. Forse aveva solo bisogno di attenzioni. “ Secondo me la nostra generazione è troppo smaliziata,” le ho detto. G mi fa che si sentiva parte di un ingranaggio che continuava a girare anche se era tutto scalibrato. Le ho detto che non avevo capito, anche se in realtà avevo capito tutto. A casa John Connor si stava ancora riprendendo dalla sbornia di due giorni prima. “ Que mierda”, mi ha detto. Poi è andato in bagno a vomitare. E’ tornato in salotto e abbiamo montato quella specie di lampada che avevamo comprato. Ci ho messo sette ore anche perché John Connor sosteneva di conoscere metodi alternativi. Ha anche telefonato all’IKEA, ma naturalmente non si sono capiti. Comunque alla fine funzionava, insomma si è accesa. Siamo rimasti a guardarla in silenzio. Abbiamo mangiato patate lesse davanti alla lampada, come se avessimo fatto qualcosa di grande per tutta l’umanità. Alle 23 avevo già fumato 12 sigarette, per colpa della lampada probabilmente. Mi sono addormentato guardando di nuovo il documentario degli aerei che decollavano e atterravano. L’ho trovato meno interessante dal punto di vista intellettuale, ma sono comunque rimasto colpito dai colori dell’Africa Subsahariana. Alla fine non è stata propriamente una giornata intensa, sotto tutti i punti di vista.

Totale finale sigarette: 13 + mezza canna

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

3 gennaio

 

Io e G abbiamo preparato le valigie. Mi è venuta voglia di andare via per un po’ di tempo. Le ho detto che non avevo più voglia di vedere il cielo dalla finestra, lei mi ha risposto “ Allora facciamo le valigie” e quindi abbiamo fatto le valigie. Io pensavo di andare in montagna. Lei, invece ho scoperto che si era messa a fare le valigie solo per assecondarmi. “Credevo ti passasse,” mi ha detto candidamente. Non le ho rivolto la parola per tutto il giorno e mi sono rimesso a guardare fuori dalla finestra. Nel frattempo John Connor si è scottato con il termosifone. Non so come abbia potuto. Ora è sdraiato sul letto che piange con un asciugamano bagnato sulla schiena.

G in questi giorni ha smesso di prendere la pillola perché ha detto che le ingrossava troppo il culo. Proprio ora che ho una gran voglia di scopare. Allora sono andato a comprare dei profilattici, cerco sempre i Nulla, oppure Ultraslim, roba così, perché con il preservativo addosso tendo a non sentire un cazzo. Comunque abbiamo scopato, anche se il preservativo mi stringeva troppo ed è diventato secco subito. A un certo punto ero sopra di lei e non sentivo veramente niente. Mi son reso conto che stavo pensando ad altro. Pensavo al centrocampo del Toro. “ Non ti piaccio più?” mi ha chiesto lei un po’ trafelata. “No G, tu mi piaci.” Ed ho continuato meccanicamente a spingere come fosse un lavoro ripetitivo e inappagante. Fanculo, mi son detto e, sfilato il preservativo, sono entrato senza. Le sono venuto sulla pancia e mi sono addormentato. Questo è tutto. G non mi ha lasciato vedere il documentario con gli aerei che atterranno e ha insistito per guardare un film di Virzì. Che era anche carino, però avrei preferito guardare il documentario con gli aerei che atterrano. Comunque sono quelle giornate dove ti vien voglia di cercare di capire se per caso hai sbagliato qualcosa.

Totale sigarette fumate: 9

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

4 Gennaio

 

Oggi G si è svegliata nervosa perché non riusciva a vedere i profili di facebook. In realtà ieri sera per scherzare le ho detto che per me era come una sorella e credo che se la sia presa. Comunque fuori c’è il sole e ho deciso di andare a fare un giro in collina in bicicletta. Ho sudato molto. Quando sono tornato G stava provando a modificarmi delle impostazioni del computer, non so perché. In questi giorni siamo tutti un po’ nervosi. Stasera però è la grande giornata di John Connor che va su Rai Due in un programma che si chiama Un minuto per vincere.

Da ciò che ho capito ha un minuto per fare dei giochi stupidi e se va bene vince 500 000 euro. John ha passato l’ultimo mese a provare questi giochi, del tipo fai saltare via un tappo a una bottiglia e fallo cadere in un cesto oppure costruisci piramidi di bicchieri, oppure mettiti un biscotto su un occhio e solo con il movimento dei muscoli facciali fallo arrivare fino in bocca. Prima di partire per Milano mi ha abbracciato. Era sicuro che avrebbe in qualche modo svoltato.

Io e G alle 9 di sera ci siamo messi davanti alla Tv: John Connor era il primo concorrente. La prima prova è facile, per 500 euro doveva liberare venti metri di nastro di carta con le braccia. Ce l’ha fatta che mancavano 10 secondi, però sembrava provato. Poi si è messo a ballare We are the champions con Nicola Savino. E’ uno di quei programmi in cui porti i tuoi amici tra il pubblico e John ha portato due dei suoi fratelli. Ho chiesto a G se sapesse quanti fratelli aveva. Lei mi ha risposto “Credo tanti”. La seconda prova, per 1000 euro, consisteva nell’infilare tre anellini colorati in un ferro di cavallo al contrario. Ho subito pensato che John Connor potesse avere qualche problema. Però ha iniziato bene, in trenta secondi ne aveva infilati due su tre. Il problema è che l’ultima non voleva saperne. Nel mentre Nicola Savino faceva il countdown. Nulla da fare. Ha perso una vita. Il secondo tentativo non è andato meglio, anzi si è innervosito subito e non è riuscito a infilarne neanche una. Iniziava a borbottare qualcosa e sembrava infastidito. L’ultimo tentativo è stato un disastro: dopo 20 secondi gridava ad alta voce e lanciava gli anelli troppo forte. Nicola Savino gli diceva di mantenere la calma. Ecco, poi non so bene cosa sia successo, certo è che quello continuava a parlare, a dirgli di stare calmo, a fare il countdown, anche se era palese che non ce l’avrebbe fatta e subito dopo il gong della fine, John Connor gli si è lanciato contro, mentre quello gridava “ è tutto un gioco, è solo un gioco, mantieni la calma.” G si è coperta gli occhi. Io invece ho guardato tutto. John Connor colpiva a pugni e calci Nicola Savino che cercava di proteggersi. Poi sul palco sono saliti una serie di bodyguard della Rai, tecnici e operatori che hanno placcato John, ma a difenderlo sono arrivati anche i suoi fratelli e hanno mandato la pubblicità. “Quanto ha vinto?” . “Penso 500 euro, ma ha fatto un casino, non so se glieli danno.” “Perché va tutto sempre in merda?” Non sapevo cosa rispondere. Giornata stupida. Ho ricominciato a fumare duro, oggi tipo 15-20 sigarette + diverse canne.

 

 

 

 

 

 

5 Gennaio

 

Mi sono svegliato presto quando tutti ancora dormivano. Ho la costante sensazione di perdere tempo, come se il tempo fosse qualcosa che da qualità alla vita, per questo mi sveglio presto. Mi ha telefonato mio cugino. Si è rimorchiato una tizia finlandese, mi ha detto solo che questa prova sempre a suicidarsi e lui non ne può più. Mi ha chiesto un consiglio. Gli ho risposto di portarla al mare. Lui mi ha detto che invece l’avrebbe portata a pranzo da noi, magari fare due parole con qualcun altro le avrebbe fatto bene. Allora ho preparato un ragù.

Chissà perché mi aspettavo fosse bionda e alta, invece era una ragazza minuta con i capelli neri lunghi e il viso pallido. Non dava esattamente l’idea di vitalità o di brillare in simpatia, sembrava un corvo. Appena entrata si è seduta sul divano e ha iniziato a piangere. G ha provato a chiederle qualcosa ma quella scuoteva la testa. “ Come si chiama?” “ Tulla, credo o Lulla, una roba così,” mi ha risposto mio cugino. Naturalmente Tulla non ha mangiato un cazzo, si dondolava davanti al piatto facendo strani rantoli. Ho chiesto a mio cugino se fosse tutto a posto. Lui mi ha detto che non c’era da preoccuparsi. Abbiamo finito e Tulla è andata in bagno. Dopo un po’ ho sentito gridare. Stava provando a tagliarsi le vene del polso con una lametta, solo che la lama era logora e lei non sembrava tanto capace. Mio cugino mi guardava con l’aria di chi aspettava questo momento. Mi sono sentito responsabilizzato e le ho dato uno schiaffo, ma quella mi si era avvinghiata a un braccio e tentava di mordermi. C’era sangue sul pavimento. Abbiamo portato Tulla in soggiorno.

G ha iniziato a pulire il pavimento dal sangue, mentre mio cugino accarezzava Tulla che incredibilmente rideva. In quel momento dalla porta è entrato John Connor. L’ho abbracciato istintivamente e quello mi ha stretto fortissimo. Poi non so perché di preciso, ma John ha iniziato a fare il brillante con Tulla e lei sembrava divertirsi. Mio cugino mi ha confidato che alla fine non voleva solo averla sulla coscienza perciò se John Connor se la fosse presa non avrebbe avuto rimostranze particolari. Sembrava sollevato. “ Lo sapevo che mi avresti aiutato”, ha detto. Allora così dal nulla Tulla e John Connor sono usciti e io, G e mio cugino siamo rimasti in casa a bere. “ Perché si vuole uccidere?” “ Non so, credo senta nostalgia della Finlandia.” “E perché non torna ? “ ha chiesto G. “ Credo che odi i suoi genitori.”

Abbiamo bevuto tutto il pomeriggio e siamo crollati. Mi sono svegliato che erano le 11 di sera. Sono andato a fare una passeggiata. Questa città ti fa sentire solo. Poi sono tornato a casa e mi sono messo a guardare il documentario con gli aerei che decollano e atterranno in Africa. Definitivamente bellissimo.

Totale possibile sigarette fumate: da 15 a 25

 

 

 

 

 

 

 

 

6 gennaio

 

Ieri sera alla fine ho dimenticato le persiane aperte per cui mi sono svegliato alle prime luci dell’alba. G, rannicchiata in posizione fetale, aveva un’ espressione soddisfatta del proprio sonno. Ho deciso di non svegliarla. Mio cugino è sul divano che dorme vestito. Quando si sveglia dice che quando eravamo piccoli passavamo più tempo insieme e mi chiede se può farsi una doccia. Avrei voglia di ascoltare un po’ di musica, ma mi sembra sempre di rompere le palle e svegliare tutti. Quindi decido di uscire. Mio cugino dice che anche lui sente il bisogno di uscire. Quindi esce, dietro di me. C’è uno strano odore di foglie umide e calpestate. Penso sia facile prendere una qualche micosi. Mio cugino mi ringrazia per ciò che ho fatto con Tulla, io sul momento vorrei dirgli che non so di cosa stia parlando, ma è troppo lungo, quindi dico “Prego”. Passeggiamo lungo il viale e lui mi confessa che ha problemi a relazionarsi con suo figlio, lo vede poco e quando lo vede, in genere è preso dalla smania di fare troppo e fa cazzate. Ha paura che lo consideri un po’ coglione. Gli dico qualcosa sul fatto di provare a essere se stesso e se sei un po’ coglione pazienza, ma lui giustamente mi risponde che probabilmente non posso capire. Poi mi dice che tra un po’ non potremo più vederci perché andrà in Brasile. Io lascio cadere la conversazione. Quando torniamo a casa John Connor sta preparando un caffè e alla vista di mio cugino, sogghigna. Mio cugino mi guarda, pensa che il sogghigno sia diretto a lui e gli chiede “Cosa cazzo ridi?” John Connor, che è un emotivo, perde il controllo di ciò che sta facendo e si versa il caffè sui pantaloni. Quindi inizia ad imprecare. G si sveglia, spalanca la porta e dice che di non svegliarla più, per nessun motivo, e che tanto alla prima occasione possibile tornerà a dormire. Quando John Connor le chiede se sta male, lei dice che siamo noi a stare male, sbatte la porta e torna in camera. Avrei ancora voglia di un po’ di musica, ma lascio perdere. Attorno alle due del pomeriggio mio cugino dice  “Andiamo a bere qualcosa”. Dico di si e mi accendo la quarta sigaretta della giornata. Al primo bar che incontriamo mio cugino ordina due campari dry. Il sole inizia a nascondersi e una stupida aria grigia ci soffia in faccia.  Beviamo ancora due vodke con limone, poi mio cugino mi abbraccia e dice che si sente finalmente al sicuro. Prendiamo un kebab e lo mangiamo in macchina. Mi chiede se posso accompagnarlo a prendere il bambino che da solo non se la sente e io acconsento. Poi ci fermiamo a un altro bar e mi offre nell’ordine una sambuca, una vodka e limone, un borghetti, un’altra vodka e limone, una birra e un Fernet per farci la gola. Il buio inizia a serpeggiare. Arriviamo sotto casa di sua moglie che siamo marci. Mio cugino non trova parcheggio, allora scende e prova a spostare un cassonetto della spazzatura. Ma le ruote hanno la sicura, lui tira troppo verso di sé e finisce per rovesciare tutto in strada. “ S aiutami,” dice, “sto facendo di nuovo cazzate.” Sua moglie esce per vedere chi è responsabile di quel trambusto. “ Ciao Laura” dico. “E’ ubriaco?” chiede lei. “ No è solo molto teso.” “ Andate piano, anzi…guida tu.” “ Io sono ubriaco.” “ Allora state fermi un po’.” Mio nipote è un ragazzino che avrà otto, nove anni, biondo e con la faccia da bambino. Secondo me non è stupido, ma a dire il vero non ho mai avuto l’occasione di parlarci insieme. Mio cugino quando lo vede si da una scrollata e corre ad abbracciarlo. Lui dice “Papà puzzi d’alcool” e prova a divincolarsi. “ Ti porto al bowling “ dice mio cugino. Poi insiste per guidare. Alla seconda rotonda che incontriamo, appena fuori paese, non fa la curva e finiamo dritti in mezzo con la macchina sopra una scritta floreale di benvenuto. Mio cugino fa retro e riparte. “Sono calmissimo” mi dice. A me vien da vomitare. Poi mette Shine on you crazy diamond  ad alto volume e inizia a gridare qualcosa riguardo i Pink Floyd, poi si mette a mimare una serie di strumenti che non capisco, ma perlomeno sentiamo un po’ di musica. Poi, visto che anche lui è un emotivo, si ferma in una piazzola in lacrime a cantare Wish you were here. Prova a coinvolgere mio nipote che ormai ha un espressione tra terrore e vergogna. A Swimmininafishboooowwl crolla con la testa sul volante. Decido di sostituirlo alla guida. Mio nipote mi dice “Grazie zio”, una cosa dolcissima. Al primo paese che incontriamo mio cugino tira il freno a mano della macchina, “c’ è un bar, “ sussurra. Entriamo in questo bar ed io prendo un’ acqua tonica che sto male. Mio nipote nulla e mio cugino non riesce a farsi capire. Poi risaliamo in macchina e mio cugino insiste nuovamente per guidare. A una curva a destra scivola dal sedile, mi finisce addosso e ci infossiamo in un campo. A fatica io e il bambino riusciamo a tirare fuori la macchina. “ Ti porto a dormire”,  dico.

“Grazie zio”, ancora dolcissimo. Arrivo a casa che saranno le due del mattino con la macchina di mio cugino. G dorme. Decido di fare di tutto per non svegliarla. Non riesco a vedere il documentario sugli aerei perché mi gira troppo la testa.

Totale sigarette fumate: circa sessanta.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

7 gennaio

 

Stamattina mi sono svegliato con una discreta impazienza. Ho fatto velocemente un caffè mentre G ancora dormiva e sono corso in bagno. A metà mi sono ricordato del caffè e sono corso in cucina. La caffettiera gorgheggiava  come un bambino a cui è andato di traverso un omogeneizzato o roba simile. Ho fatto in tempo a versare un po’ di caffè bruciato in una tazzina, mentre la caffettiera ormai grondava caffè sempre più a scatti, come in agonia. Alcuni fiotti di caffè scendevano lungo la caffettiera. Mi ha fatto venire i conati quella scena. Poi sono tornato in bagno.

Ho svegliato G che non l’ha presa bene. Mi ha confessato che era un paio di notti che sognava suo zio e non voleva andare in fondo a quella faccenda. In ogni caso si è svegliata e abbiamo deciso di rassettare camera. Come primo passaggio ho provato a spostare una specie di armadio a scaffali. Pareva si fosse incastrato nell’interstizio tra una piastrella e l’altra. Ho provato a sollevarlo, ho spinto più forte, ma ancora niente. Poi ho controllato che nulla ostruisse l’armadio, ho dato un’altra spinta, ma niente. Allora è arrivato John Connor e si è offerto di aiutarmi. Credo che lui ami fare questo genere di cose, per cui mi ha spostato con fare sicuro, si è rimboccato le maniche sulle spalle e ha iniziato a spingere, invitandomi a seguirlo. Ma eravamo giunti a un punto in cui la faccenda stava assumendo tratti misteriosi. Poi, dopo una spinta neanche troppo potente, l’armadio è scivolato sul pavimento come se avesse le ruote. Un cavo elettrico, attorcigliato al piede dell’armadio, era la chiave del mistero. Liberando l’armadio, in pratica tranciammo il filo dal muro, fulminando tutto l’impianto elettrico di camera nostra. John Connor si è premurato di chiedermi scusa, poi ha tramutato la sua costernazione in rabbia verso l’elettricista che aveva anche solo immaginato una roba così.

L’ho detto a G. Lei mi ha risposto che tanto valeva rimettersi a dormire. Era mezzogiorno circa. “Appunto,” ha detto, “ così penso a zio.” Non le ho risposto.

Io e John Connor siamo usciti. Abbiamo iniziato a camminare a lato del fiume in perfetto silenzio fino a quando lui mi ha detto” Io e Tulla vogliamo sposarci.” Al mio sbigottimento ha risposto che in effetti tutto succedeva troppo velocemente, però era in una situazione tale che più un cazzo di così non poteva capire quindi aveva deciso che d’ora in poi avrebbe preso solo decisioni nette come matrimoni, omicidi, eiaculazioni o risse.

Abbiamo continuato a camminare fino ad arrivare a uno spiazzo dove una cinquantina di sudamericani si stava sfidando a calcio. Ho detto a John che comunque aveva ragione.

Siamo entrati in campo anche noi. 24 giocatori per loro e 23 da noi. Io con il mio metro e 79 sono il più alto e possente e vado a fare il centravanti. Il gioco si sviluppa in una fitta rete di passaggi in orizzontale, palleggi e colpi di tacco inutili, tra gli incitamenti delle donne a bordo campo, fino a quando qualcuno non prova a dribblare il suo diretto avversario, si ritrova incastrato in una serie di raddoppi ed è costretto a lanciare via il pallone. Giocavamo da circa quaranta minuti e avevo toccato un pallone, di testa, su uno di questi lanci dalla difesa. Nessuno aveva ancora tirato in porta.

Poi un tizio sui sessant’anni che palleggia davanti a me, invece di passare la palla a uno dei nanetti vicino, inciampa sul pallone e lo lascia lì incustodito. Carico immediatamente il sinistro e calcio il pallone di collo pieno. La palla colpisce il palo a sinistra del portiere a mezz’altezza ed entra in rete. Immediatamente sento un boato. A bordo campo, le donne si abbracciano. I miei 22 compagni di squadra si mettono a correre verso di me e mi sommergono. Nella calca qualcuno tenta anche di baciarmi. Pare che nessuno facesse un gol da almeno 10 / 11 partite. Secondo loro era perché avevano un sistema difensivo che funzionava benissimo. E solo io che ero un europeo potevo eluderlo, con la mia fisicità e il mio tiro potente e preciso. Quindi hanno iniziato a chiamarmi Bomber.  Non ci sono state altre occasioni da gol.

La partita è finita che il sole era già sceso da parecchio tempo.

Alla fine John Connor è venuto verso di me e mi ha detto che ero veramente tosto per essere un europeo. Non sapevo bene che dirgli, quindi l’ho ringraziato.

Ci siamo fatti uno spinellone seduti a bordo campo, mentre il freddo tagliente della sera ci massaggiava la schiena sudata. Allora mi son lasciato cadere all’indietro, ho impattato con la schiena sul fondo duro e quasi ghiacciato e mi sono sentito per un attimo al riparo da tutto.

Totale sigarette: non so