MICHELE MONINA, “il colloquio motivazionale”

MICHELE MONINA

Benché sia io stesso a farla, non mi è ancora ben chiaro quale sia il criterio che sta alla base di questa fanzine. Più che altro soddisfo il piacere di pubblicare e diffondere testi che ho amato come lettore. Ogni tanto però penso sia giusto spingermi più avanti e inserire in ‘tina anche racconti che non appagano solo il mio gusto personale, ma rappresentano tentativi di sperimentazione linguistica o seguono progetti personali di scrittura. E’ il caso di Michele Monina, fresco esordiente per Pequod, che nei suoi testi utilizza in maniera rigorosa e ossessiva alcune caratteristiche (l’uso reiterato del “che”, la narrazione spezzata in brevi paragrafi, l’assenza completa di maiuscole). Fra i racconti che mi ha inviato, ho scelto questo: cruento, ma perfidamente ironico.

il colloquio motivazionale

avete mai provato ad alitare su un occhio beh se non lo avete mai fatto vi giuro credetemi è un’esperienza da fare provateci che allora converrete con me ve lo giuro che questa storia che gli occhi sono lo specchio dell’anima è tutta una bufala tipo la storia degli stupri dei soldati in somalia solo una bufala buona per panorama e nient’altro ve lo giuro

che se dico questo lo dico dopo averlo fatto testato che ancora stringo questo occhio marrone nel palmo della mano che è un po’ come tenere stretto in mano uno di quei giochetti schifosi che giravano ai tempi di quando io ero bambino una di quelle cose schifose verdi fosforescenti bavose che se le tiravi sul muro ci restavano appiccicate facendo prima plof o blob non ricordo bene

che comunque io adesso ho in mano un occhio vero un occhio umano vero ancora fresco che non è passato neanche un quarto d’ora che l’ho cavato dall’orbita del suo legittimo proprietario che mi sa tanto che ormai deve pure essere morto e adesso che ci ho alitato sopra posso dire empiricamente che non si appanna per cui non è assolutamente uno specchio

che non so se ci avete mai fatto caso che questo sicuramente lo avrete fatto anche voi che state lì a schiacciarvi un punto nero o un brufolo già bello maturo che allora avvicinate la faccia allo specchio tenendo i due diti indici delle mani belli fermi sul punto desiderato e ci fate pressione e proprio mentre siete lì a due centimetri dallo specchio per vederci meglio lui lo specchio che sta per essere colpito dal rivoltante schizzetto giallo invece si appanna tutto

che questo fatto qui il fatto che lo specchio si appanna è dovuto al vapore che esce dalla vostra bocca aperta in questa smorfia di concentrazione per l’operazione di pulizia estetica che poi noi il vapore che esce dalla bocca non lo chiamiamo mica vapore che esce dalla bocca ma lo chiamiamo alito siamo mica scemi che poi è anche una prova del fatto che siamo vivi l’alito

che questo io non l’ho mai fatto ma lo dico lo stesso che l’ho visto fare centinaia di migliaia di volte in tivvù che se uno passa lo specchietto uno di quegli specchietti da donna davanti alla bocca di una persona che sta lì stesa e si crea l’alone di vapore si appanna insomma allora vuol dire che il tipo è vivo sennò è morto o peggio ancora è un vampiro o una roba del genere

che insomma comunque credetemi se soffiate se alitate o come cacchio volete dire voi su uno specchio quello si appanna matematico e invece se voi alitate su un occhio non succede nulla di nulla l’occhio resta lì immobile a fissarvi morto come un occhio morto specie se lo avete asportato dal legittimo proprietario per un qualche motivo

che io un qualche motivo un qualche motivo valido ce l’ho questo va detto che se adesso stringo questo occhio marrone in mano e l’altro l’ho buttato nel cestino delle cartacce e questo stesso occhio marrone lo sento che si sta sfaldando tutto e maciullando stretto com’è nel palmo della mano è solo perché il padrone di quest’occhio mi ci ha costretto che lui mi ha provocato sfidato

che io umile umile come un cocherino ero andato ero venuto col vestito buono al colloquio di lavoro che ormai ho trent’anni e a casa vorrebbero pure che cominciassi a trovare un cazzo di lavoro che così io sono venuto qui a provarci a fare il colloquio di lavoro insomma che sul giornale c’era scritto che la ditta tal dei tali cercava tre laureati in economia e commercio proprio come me

che allora andando contro ogni mio principio mi vesto col vestito buono quello che ho comprato anzi che mia madre mi ha comprato per il matrimonio di mio cugino vincenzo e mi sono messo pure la cravatta che al matrimonio mica me l’ero messa la cravatta ma mamma dice che la cravatta è importante e che poi ai colloqui a queste cose ci tengono e così metto pure la cravatta

che tanto come dice luca carboni che mica è un fesso luca carboni e se dice che se uno pensa che le cravatte tolgono il respiro e certe strane idee non è sexi e invece di far girare il mondo deve partire per girarlo lui allora è vero e io invece cazzo sono molto sexi sono una specie di toro e il mondo lo voglio ai miei piedi a tutti i costi e allora vada la cravatta e vada il colloquio di lavoro per la ditta tal dei tali e vada pure l’umiltà di fronte al direttore del personale

che io così ci vado mi siedo in sala d’attesa e poi appena arriva il mio turno entro in una sala tutta moderna tipo nei film di hong kong e c’è lui il capo del personale che mi dice si accomodi lei è il dottor ventola e subito sbaglia il cognome che io mi chiamo ventòla e se mi sbagliano il cognome mi girano subito le palle che l’accento è segnato nei documenti ma devo fare il cocherino per cui sto zitto a orecchie basse e incasso che così comincio il mio bel colloquio motivazionale

che così si chiama il tipo di colloquio che devo fare colloquio motivazionale che in pratica al tipo che mi seleziona non gli frega di sapere altro che i motivi per cui io voglio fare questo lavoro e i vantaggi che avrebbe lui a assumere proprio me invece di un altro tutto qui che poi poco conta se io sono realmente bravo o meno l’importante è ciò che riesco a dimostrare in questo gioco di sguardi un po’ come con le donne per capirsi

così appena comincia il colloquio lui il direttore del personale mi dice dottor ventola andiamo male vedo che lei non ha altre esperienze di lavoro come mai domanda come mai non ha già lavorato dottor ventola come se uno il lavoro lo potesse trovare così in quattro e quattr’otto che se poi io un lavoro ce l’avevo mica ci venivo qui a farmi questo cazzo di colloquio penso

ma lui niente incalza e mi dice sveglia dottor ventola mi dice alzi lo sguardo mi guardi negli occhi mi dice non lo sa lei che gli occhi sono lo specchio dell’anima come pensa che io la possa valutare come pensa che possa mai assumerla se neanche ha il coraggio di guardarmi in faccia a testa alta mi guardi che gli occhi sono lo specchio dell’anima lo specchio dell’anima

che se io stavo a bassa alta non è per questioni di anima che io la mia anima ce l’ho e ne vado pure fiero è solo che io a vestirmi così tutto tirato non ci sono abituato per cui con la sfiga appoggiata sulla spalla come un falco sulla spalla di rutger hauer in quel film medievale con la figa pfiffer io cercando di sedermi in maniera più composta possibile ho sentito la stoffa dei calzoni tendersi come un lenzuolo e strapparsi

che se a un certo punto mi vedevo comparire davanti quella iena della nonna dai capelli bianchi che fa sempre la pubblicità di ace e per sempre intendo da almeno trent’anni a oggi io non mi sarei affatto sorpreso che io i calzoni me li sono strappati proprio nel culo e se stavo a testa bassa è perché pensavo già a come fare per non farmi vedere a farmi sbeccare una volta finito il colloquio

che non è che uno finito un colloquio di lavoro può alzarsi stringere la mano educato educato e poi farsi vedere il culo dal direttore del personale che ci fa di sicuro una discreta figura di merda e non può neanche uscire guardando sempre in faccia il direttore medesimo magari facendo un sacco di inchini con la testa che sennò sembra di essere troppo umili che il direttore del personale mica è l’imperatore hirohito

che io a questo stavo pensando e sacramentando e gli occhi erano bassi perché avevo la certezza la matematica certezza che se solo lui il direttore del personale della ditta tal dei tali mi avesse guardato nelle palle degli occhi avrebbe letto nelle palle dei miei occhi tutto il mio disagio e lo avrebbe scambiato per mancanza di carattere che così infatti è stato

che lui niente il signor direttore del personale voleva che io lo guardassi subito negli occhi tattà che fossi subito pronto a vedere la sua anima riflessa nei suoi occhi marroni tattà subito in un nanosecondo sennò addio arrivederci alla prossima volta che lui già mi stava dicendo mi dispiace dottor ventola ma noi cerchiamo persone determinate scattanti veloci lei non fa al caso nostro auguri per il suo futuro avanti il prossimo

che a quel punto io non ci ho più visto e ho alzato lo sguardo verso di lui e lui ha visto che l’anima riflessa nei miei occhi era un’anima incazzata cattiva mostruosa un’anima assetata di sangue il suo sangue e quando sono saltato dall’altra parte della scrivania lui si è cagato addosso e io ho visto un’anima molto impaurita un’anima in pena in cerca di un punto di fuga un punto di fuga che però non c’era ahi ahi

che ormai era tardi e io a quel punto volevo dimostrargli che l’anima non c’entra un cazzo con lo sguardo fiero e tutte queste menate da rampante dei miei coglioni che se davvero credeva che non avevo le palle che ero un tipo insicuro non avrebbe mai dovuto dirmi frasi come gli occhi sono lo specchio dell’anima sennò io mi intimidivo pure di più

che così io non ci ho pensato su due volte e dimostrando carattere iniziativa tenacia e tutti quegli aspetti di un carattere che fanno di me un buon investimento per la ditta tal dei tali che fanno di me un buon professionista massima disponibilità trasferimenti anche all’estero ho preso la sua testa l’ho stretta con il braccio sinistro e con la mano destra ho afferrato il tagliacarte d’argento che era sulla scrivania e gli ho cavato entrambi gli occhi

che lui avrebbe pure voluto urlare ne sono sicuro che nonostante non avesse più gli occhi l’anima ancora ce l’aveva ne sono sicuro e quell’anima provava un mondo di dolore ma io ho continuato a stringergli la testa con il braccio e poi sempre con il tagliacarte tutto imbrattato di sangue gli ho reciso la gola facendovi un sorriso artificiale un po’ ebete come quello che avevo adesso nei calzoni e gli ho tirato fuori la lingua come fosse una cravatta

che la cravatta è importante mi avrebbe detto se non l’avessi avuta ne sono sicuro proprio come mia madre e lui adesso ne ha addirittura due una di stoffa nera a piccoli pallini bianchi e un fatta di lingua di carne che pulsa e che quindi è perfettamente rossa con le righe bluastre delle vene che col completo nero gessato che indossa ci dice pure e che poi l’aspetto è importante non lo sa lei dottor ventola dimmi come ti vesti e ti dirò chi sei dottor ventola si ricordi